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Non Devi Morire Nella Tua Desolazione


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Di David Wilkerson
4 Giugno 2001
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Non molto tempo fa, iniziai a progettare un libro sulla sofferenza dei santi di Dio. Volevo incoraggiare i cristiani sulla fedeltà del Signore verso il suo popolo in tutte le loro prove. Da allora molti lettori mi hanno scritto, testimoniando di come Dio abbia dato loro grazia nei momenti di sofferenza. Una donna mi ha scritto di aver sopportato una grave prova fisica:

"Dodici anni fa, io e mio marito lasciammo il lavoro e Dio ci inviò nelle nazioni come evangelisti missionari. Durante quel periodo, ci recammo in oltre trenta paesi. Spesso ministravamo in circostanze terribili, ma il Signore ci ha tenuto sempre in buona salute e ci ha graziato di una forza soprannaturale.

"Ma lo scorso marzo fui attaccata da una malattia sconosciuta che è particolarmente virulenta. Avevamo visto moltitudini di persone alle quali avevamo ministrato, in regioni remote, essere toccate da quest'afflizione. Causa dolore e gonfiore nelle mani. Tanti specialisti non sono riusciti ad identificare la causa esatta di questo gonfiore doloroso alle giunture; anzi, si sono semplicemente grattati la testa, attoniti.

"Ho gridato a Dio, ma il cielo sembrava silenzioso. Per tutto il tempo, non ho mai sentito la sua presenza accanto a me. Ho trascorso nove mesi nella solitudine del dolore e dell'incertezza. Nel dicembre del 1999, ormai il dolore era riuscito ad intaccarmi fisicamente e mentalmente. Ero esausta e non riuscivo a dormire. Stavo perdendo terreno spiritualmente. Sono stati i giorni più bui della mia vita. Non sapevo se sarei riuscita a vedere il nuovo secolo.

"Poi una mattina, mi svegliai con il sole che inondava la mia stanza da letto. Mi resi conto che per la prima volta avevo dormito tutta la notte. Il mio primo pensiero fu: 'Non avverto alcun dolore'. Avevo paura di dirlo a mio marito. Aspettai che mi ritornasse il dolore, ma non avvenne.

"Mi resi conto che mentre dormivo, Dio aveva operato. E capii che aveva detto al diavolo: 'Quando è troppo, è troppo'. Da allora è passato un anno, e sono ancora priva di dolore. Sul suo registro, il mio dottore ha annotato queste parole: 'miracolo misterioso'. Provo più forza di quanta ne avessi prima. Sono uscita dal quel deserto appoggiandomi sulle braccia del mio caro Gesù, e confidando nella sua Parola".

La nostra fede cresce, quando leggiamo testimonianze come queste, di credenti che sono emersi dalle prove gioendo nella fedeltà di Dio. Parlano di dolori tremendi, di prove, calamità, tragedie che sembrano infinite. All'inizio le loro speranze sembrano aumentare, ma poi subiscono un calo tremendo. Gustano delle ondate di forza soprannaturale, ma poi subito dopo sono inondati da una paura tremenda. E delle domande snervanti annebbiano le loro menti: "Perché vi è venuta addosso questa calamità? Perché le mie preghiere non ottengono risposta? Ho pregato e digiunato, ma non ho visto niente. Perché?"

Forse avranno pure vacillato nelle prove, pronti a cadere. Ma per tutto il tempo, hanno mantenuto la fede. Come? Hanno permesso che le loro sofferenze li portassero in ginocchio. E per risultato, la loro fiducia nel Signore è cresciuta. Sono usciti dal deserto con una testimonianza della bontà e della potenza di Dio a liberare.

Vi dico, non avevo mai fatto caso alle numerose sofferenze affrontate dal popolo di Dio. Io e mia moglie Gwen siamo rimasti stupiti dalle lettere che abbiamo ricevuto. Ci continuavamo a dire: "Hai mai letto una cosa del genere? Le sofferenze di questa persona sono inimmaginabili".

Alcuni sono colpiti da malattie orrende e mortali. Famiglie in subbuglio, mogli e mariti sull'orlo del divorzio, figli ribelli e dediti alla droga. Altri dicono di essere in desolazione spirituale o mentale. Alcuni soffrono di depressione, paure, ansietà di ogni genere. Altri sopportano pesi finanziari e debiti enormi. E il loro stress li ha condotti in una desolazione disperata.

Un uomo che ha perso un familiare in una tragedia scrive: "Sobbalzo ogni volta che sento squillare il telefono. Mi chiedo: 'Sarà un'altra cattiva notizia?' E tutto per una telefonata".

Una pia donna scrive di aver ricevuto una tale telefonata. Dice: "Siamo una famiglia forte, che crede nella Bibbia e che frequenta regolarmente la chiesa. Quando avvenne la nostra prova, i nostri tre bellissimi ragazzi avevano uno 7 anni, l'altro 3 e l'altro 14 mesi. Ricevetti quella orribile telefonata il 26 agosto 1996. Mio marito era caduto da un tetto alto 15 metri, mentre lo stava riparando.

"Dovette subire un'operazione per la ricongiunzione del femore e del gomito. L'ultima cosa che mi disse prima dell'operazione fu: 'Dì ai ragazzi che gli voglio bene, e ci vediamo domani mattina'. Ma durante l'operazione, i dottori avevano avuto dei problemi. Il mattino seguente, mio marito era entrato in coma.

"Per fede mi dicevo che stava riposando, e che sarebbe presto ritornato fra di noi. Ma tredici giorni dopo - in seguito a diverse procedure, ad un trasferimento in un ospedale migliore e ad una catena continua di preghiera - il Signore si prese mio marito.

"Fino a quel momento le cose sembravano andare bene. Ma da quel momento in poi, il nostro mondo crollò. Gesù non ha mai detto che i cristiani non avrebbero avuto delle tribolazioni, vero? E infatti, nel crescere da sola i nostri tre ragazzi, ne ho avuto la dimostrazione.

"Eppure, in tutto questo, i miei ragazzi hanno un desiderio incredibile del cielo. Non solo hanno un Padre Celeste ad attenderli in cielo, ma li sta anche aspettando il loro padre terreno, e questo ha cambiato le loro vite. Ringraziamo Dio che si è preso il nostro papà terreno; e raggiungerlo è diventato il nostro obiettivo".

Questa donna è emersa dalla sua desolazione poggiandosi soltanto sulle braccia di Gesù. Eppure molti cristiani sembrano non trovare il conforto, la consolazione e la forza di Dio. Voglio farvi una domanda: avete mai affrontato delle prove? Forse ne state affrontando una proprio in questo momento.

Forse ti trovi nella Valle della Morte. Hai sentito le parole del dottore: "È cancro. È maligno". O forse ad un membro della tua famiglia è stata diagnosticata una malattia incurabile. Hai condiviso il tuo dolore con tante persone che hanno alle spalle ore di attesa nelle stanze d'ospedale, gridando silenziosamente per ottenere un miracolo.

Forse la tua desolazione è una profonda depressione. Temi di alzarti ogni giorno perché c'è una nuvola nera continuamente sulle tue spalle. Il tuo grido costante è: "Signore, aiutami. Non ce la faccio più". Quando vai in chiesa, fai del tuo meglio per disegnarti un sorriso sulle labbra. Ma nel profondo del tuo cuore, sei nell'inferno. Hai digiunato, pregato, cercato il Signore per giorni, settimane e mesi. Ma Dio non sembra aver risposto alle tue preghiere.

A volte, tutti noi possiamo finire in una desolazione. Avrei potuto scrivere un libro con tutte le prove desertiche che ho affrontato nella mia vita. Eppure alcuni cristiani non accettano che le desolazioni avvengono inevitabilmente per tutti. Pensano che discorsi simili nascondono una mancanza di fede. Conosco un pastore che ha detto alla sua congregazione: "La mia fede mi ha immunizzato dal male. Ho legato tutte le calamità ed i dolori nel nome di Gesù. Semplicemente, li ho rifiutati".

Non auguro del male a nessuno, ma senza dubbio quest'uomo si sta avviando alla desolazione. Le sue convinzioni semplicemente non sono scritturali. Davide scrive: "Salvami, o Dio, perché le acque mi sono penetrate fino all'anima. Sprofondo in un pantano senza trovar sostegno; sono scivolato in acque profonde, e la corrente mi travolge. Sono stanco di gridare, la mia gola è riarsa; i miei occhi si spengono nell'attesa del mio Dio" (Salmo 69:1-3).

La Bibbia è chiara: persino i più giusti fra di noi sopportano delle prove profonde. La domanda è: quando ne usciremo? Possiamo star certi che l'esperienza nel deserto opera dei cambiamenti in noi. Dopo tutto, è solo nel deserto che la nostra fede subisce la prova del fuoco. Perciò, la prova che stai attraversando ti ha cambiato in meglio o in peggio?


Tu testimoni di aver fede, ma come l'hai ottenuta?


Su quale fondamento è costruita la tua fede? Le Scritture ci dicono che la fede viene dall'udire, e che la Parola di Dio ci fornisce di "orecchie spirituali" che ci mettono in grado di udire (vedi Romani 10:17). Beh, ecco ciò che dice la Bibbia a proposito delle prove nelle nostre vite:

Considerate la testimonianza del salmista: "Io amo il SIGNORE perché ha udito la mia voce e le mie suppliche... I legami della morte mi avevano circondato, le angosce del soggiorno dei morti mi avevano colto; mi aveva raggiunto la disgrazia e il dolore. Ma io invocai il nome del SIGNORE: SIGNORE, libera l'anima mia!" (116:1-4). Ecco un servo fedele che amava Dio ed aveva una grande fede. Eppure si trovò ad affrontare il dolore, la prova e la morte.

Questo tema percorre tutta la Bibbia. La Parola di Dio dichiara ad alta voce che il cammino della fede passa attraverso il fuoco e l'inondazione: "Tu apristi la tua via in mezzo al mare, i tuoi sentieri in mezzo alle grandi acque e le tue orme non furono visibili" (Salmo 77:19). "Ecco, io sto per fare una cosa nuova; essa sta per germogliare; non la riconoscerete? Sì, io aprirò una strada nel deserto, farò scorrere dei fiumi nella steppa" (Isaia 43:19). "Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà" (Isaia 43:2). "Perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, fortifico la tua mano destra e ti dico: Non temere, io ti aiuto!" (Isaia 41:13).

Quest'ultimo verso contiene una chiave importante: in ogni deserto che ci troviamo ad affrontare, il nostro Padre ci conduce per mano. E solo quelli che attraversano la desolazione possono gustare la sua mano di conforto. Egli stende il suo braccio verso quelli che sono inondati da torrenti di problemi.

Una lettrice della nostra lista di distribuzione ha letto un libro meraviglioso sulla sofferenza. Questa donna si chiama Ester Hunter e il libro si intitola "La gioia nel cordoglio". Ester ci ha scritto di recente, raccontandoci una tremenda prova che ha dovuto subire. Lei e suo marito si erano recati dall'Arkansas a Manitoba, in Canada, per seppellire l'anziano padre di lei, un arzillo predicatore novantenne. Tutti e dodici i figli di quel sant'uomo si erano riuniti per onorare la memoria del defunto.

Ester e i suoi familiari si erano stretti in cinque automobili per ritornare a casa dal luogo dove era avvenuto il funerale. Ma per strada era scoppiata una tormenta di neve, che aveva provocato l'occlusione del traffico. Nel bel mezzo della tempesta, la macchina che andava avanti si era separata dalle altre.

Ester e suo marito si trovavano nella seconda automobile. Di fronte a loro si resero conto che era avvenuto un terribile incidente, uno scontro frontale tra due automobili. Ester è un'infermiera, perciò suo marito accostò la vettura per offrire aiuto ai malcapitati. Mentre si avvicinavano, si resero conto con orrore che una delle macchine incidentate faceva parte del loro convoglio, anzi era proprio quella che li precedeva nella processione. Una vettura aveva cercato di sorpassare un camion nella tempesta ma, non avendo visto la loro macchina, era andata a sbattere contro di loro.

Ester guardò nella macchina distrutta e vide all'interno sua sorella, il nipotino di quattro anni e altri due suoi fratelli. Prese il bambino, che fu portato di corsa all'ospedale. Poi prese sua sorella, che presto le morì fra le braccia. I suoi fratelli erano già morti a causa dell'impatto.

Il nipotino di Ester sopravvisse all'orribile tragedia. Ma nessuno in famiglia potrà mai dimenticare quella scena indescrivibile avvenuta in quella strada fredda e solitaria. Nel frattempo, il loro padre giaceva nella bara mentre alla madre, afflitta dal morbo di Alzheimer, non vollero raccontare niente.

Per due anni, Ester vagabondò in un deserto di dolore e confusione. Era continuamente sopraffatta dalle lacrime. Si faceva domande, era tormentata dai sensi di colpa e dal peso orribile del "ma perché mai". Trascorse ore in ginocchio a pregare ed investigare la Parola di Dio. Era alla ricerca disperata di un briciolo di conforto e di guarigione per quella tragedia orribile.

Un giorno, mentre camminava nei pressi di un fiume, Ester raccolse una pietra. Vi incise sopra le parole: "Non ce la faccio più a portare questo peso", e poi si rese conto: "Non posso passare il resto della mia vita a compiangermi". Poi lanciò la pietra in acqua. Da quel momento, Dio sollevò il suo peso.

Ester emerse da quella prova terribile appoggiandosi sulle braccia di Gesù. Ed oggi racconta una testimonianza potente: "Mio Padre fa tutte le cose al meglio. Con il mio Padre amorevole, non ci sono incidenti". Ella ha scoperto veramente la gioia nel dolore.


Alcuni cristiani vorrebbero poter strappare
dalla propria Bibbia il libro di Giobbe


Alcuni credenti non sopportano il fatto che nonostante Giobbe fosse un uomo giusto, santo ed amato da Dio, dovette soffrire delle calamità tremende. Io dico a quei cristiani: per noi è impossibile conoscere la vera fede senza guardare direttamente ai problemi di Giobbe e dire: "Dio ha permesso che nella vita di Giobbe accadessero tutte quelle cose per uno scopo ben preciso".

Sì, è stato Dio che ha permesso la morte dei figli di Giobbe. È stato lui a permettere che Giobbe perdesse la salute, i possedimenti e la reputazione. Giobbe venne disprezzato persino dai suoi cosiddetti amici. Anche sua moglie lo prese in giro. E sul suo corpo comparvero delle ulcere orribili e dolorose.

Quest'uomo dovette sopportare un dolore incredibile e una profonda amarezza interiore. Osservatelo in mezzo alle rovine della sua vita: si sentiva abbandonato, piegato dal dolore, e il cielo pareva respingere le sue richieste. Giobbe trascorse delle notti oscure, insonni, e dei giorni terribili e dolorosi. Il suo dolore fu così forte che chiese al Signore di morire. Eppure, in tutto questo, Dio continuò ad amarlo. Infatti, fu proprio in quella prova che Giobbe risultò prezioso agli occhi di Dio.

Fu in quel momento orribile che il Signore gli diede una rivelazione di Sé potente e trasformante. Fu lui personalmente a condurre Giobbe fuori da quella desolazione. E Giobbe emerse con una fede indomita, testimonianza: "Mi uccida pure, io continuerò a sperare" (Giobbe 13:15).

Al contrario, alcuni credenti escono dalle prove con amarezza e risentimento. Le prove li trasformano in individui dubbiosi, duri e disprezzanti Dio: "Sion ha detto: "Il Signore mi ha abbandonata, il Signore mi ha dimenticata" (Isaia 49:14).

Ho visto dei cristiani sofferenti, rivoltarsi completamente contro il Signore che una volta amavano. Accusano Dio di averli dimenticati nei periodi di maggior bisogno. E a loro volta, trascurano la preghiera. Mettono da parte la Bibbia. Non vanno più in chiesa. E accumulano una rabbia ed un risentimento terribile contro Dio.

Conosco un ministro la cui fede fu provata da un lutto avvenuto nella sua famiglia. Quest'uomo aveva pensato che la sua fede potesse proteggerlo da tutte le calamità. Poi, quando la tragedia infierì, fu devastato. E si rivoltò completamente contro il Signore. I suoi amici rimasero scioccati dal suo indurimento. Diceva a tutti: "Non voglio neanche sentire menzionare il nome di Gesù".

Purtroppo, alcuni credenti muoiono nelle proprie desolazioni. Accadde proprio questo ad Israele. Tranne Giosuè e Caleb, un'intera generazione di israeliti - un popolo liberato miracolosamente dall'Egitto - fu distrutta nel deserto. Morirono pieni di dubbi, dolori, agonie e paure. Perché? Avevano rifiutato di confidare nella Parola di Dio, l'unica che poteva proteggerli nelle prove.

Il Signore aveva promesso loro: "Non abbiate timore, non abbiate paure.. il Signore vostro Dio che va davanti a voi, combatterà per voi.. Il Signore tuo Dio vi porterà come un uomo conduce suo figlio.. preparerà la strada davanti a voi, vi indicherà la via sulla quale dovete camminare" (Deuteronomio 1:29-33).

Ma leggete cosa accadde a quella generazione dubbiosa ed indurita: "Il tempo delle nostre marce... fu di trentotto anni, finché tutta quella generazione di guerrieri scomparve interamente dall'accampamento... Infatti la mano del SIGNORE fu contro di loro per sterminarli dall'accampamento, finché furono scomparsi del tutto" (2:14-15). Dio aspettò finché anche l'ultimo di loro morì, prima di parlare ad Israele: "Quando la morte ebbe fatto scomparire tutti quei guerrieri, il SIGNORE parlò" (2:16-17).

Cos'è che fece morire questa generazione nel deserto? La stessa causa per cui molti cristiani muoiono nelle loro prove oggi:


1. Non hanno mai accettato l'amore di Dio per loro


In tutte le prove degli Israeliti, Dio cercò più volte di mostrare loro il suo grande amore. Ma essi non lo accettarono. Semplicemente, non credevano che le prove alle quali li sottoponeva, nascevano dal suo amore. E continuavano a chiedersi: "Se Dio ci ama così tanto, perché ci ha portati qui nel deserto per farci morire? Perché permette che soffriamo così tanto?"

Vediamo qui la radice di ogni incredulità: il non voler credere e riposare nell'amore di Dio per i suoi figli. Eppure, l'unico motivo per cui Dio aveva scelto Israele come suo popolo era il suo amore: "Egli ha amato i tuoi padri; perciò ha scelto i loro di scendenti dopo di loro... Il SIGNORE si è affezionato a voi e vi ha scelti, non perché foste più numerosi di tutti gli altri popoli, anzi siete meno numerosi di ogni altro popolo, ma perché il SIGNORE vi ama..." (Deuteronomio 4:37; 7:7-8). Israele si era sentito dire: "Dio non vi ha scelti perché in voi ci sia qualcosa di speciale. Vi ha scelto semplicemente e solamente perché vi ama". Considerate:

Come reagì il popolo a questa notizia? Ancora una volta, gridarono pieni di timore ed incredulità: "Non potremo mai salire contro questo paese; essi sono più forti di noi" (Numeri 13:31). Stavano dicendo, in altre parole: "I nostri nemici sono più forti dell'amore di Dio per noi". Accusarono l'Eterno di averli abbandonati proprio nei momenti di bisogno, e di averli lasciati nella distretta. E trascorsero tutta la notte a lamentarsi: "Ah, se almeno fossimo morti. Perché Dio ci ha messi in questa situazione disperata?" L'apostolo Stefano disse di questa gente: "Si rivolsero con I loro cuori all'Egitto" (Atti 7:39).

Ancora una volta, vediamo che in ogni crisi, il Signore assicurò al suo popolo: "Ti ho amato fedelmente". Eppure, ogni volta, essi permisero agli ostacoli di offuscare la consapevolezza che Dio li amava.

Pensate un po': se credessimo, accettassimo e confidassimo nell'amore del nostro Padre celeste, cosa dovremmo temere? Se ho imparato, per esempio, che se confido appieno nell'amore di Dio per me, non ho paura di essere ingannato. Se sono veramente suo - se credo che veramente mi porti fra le sue braccia amorevoli - allora non permetterò al diavolo e a qualsiasi voce di farmi sviare.

Né temerò le calamità improvvise o la prospettiva di un futuro incerto. Il mio Padre celeste non permetterà che alcun male accadrà nella mia vita, tranne le cose che ha già determinato mi possano far bene. Non importa quali problemi dovrò affrontare, lui sarà accanto a me e mi spianerà la via. Il Dio d'amore può compiere miracolo dopo miracolo per me, se solo confido in lui.

Questo mi permetterà di affrontare momenti difficili, di prove e persino la morte. So che in tutto questo, il mio Signore condividerà il mio dolore e le mie lacrime gli saranno preziose come l'oro. Non permetterà che le mie prove mi distruggano. Lui sarà sempre fedele da prepararmi una via d'uscita.

Forse ti chiederai: "Ma non compromettiamo la nostra vita, con le nostre cattive decisioni? Non ci attiriamo il caos se usciamo dalla volontà di Dio? Che ne è delle stupidaggini che ci attanagliano?" Ti assicuro: se confidi semplicemente nell'amore di Dio, se ti penti e ti affidi a lui, egli spianerà ogni tuo errore. Egli trasforma le nostre ceneri in bellezza.


2. Non vedevano che Dio voleva compiacersi in loro


Il nostro Dio non solo ama il suo popolo, ma si compiace in ciascuno di noi. Egli prende piacere in noi. Ed è benedetto nel preservarci e nel liberarci.

Vedo questo genere di piacere parenterale in mia moglie Gwen, quando uno dei nostri nipotini ci chiama. Gwen si illumina come un albero di natale quando sente al telefono uno dei nostri piccolini. Niente potrebbe staccarla dalla cornetta in quel momento. Anche se le dicessi che il Presidente sta bussando alla porta, mi manderebbe via e continuerebbe a parlare.

Come potrei accusare il mio Padre celeste di compiacersi di me meno di quanto faccio io per i miei cari? A volte i miei figli mi hanno dato dei dispiaceri, facendo delle cose contrarie a quelle che avevo insegnato loro. Ma non ho mai smesso di amarli o di compiacermi di loro. Perciò, se possiedo quel genere di amore imperituro nonostante sia un padre imperfetto, quanto più il nostro Padre celeste si occupa di noi, che siamo suoi figli?

Per questo trovo questa scena delle spie d'Israele così ridicola. Volta dopo volta, Dio ha dimostrato il suo amore per il suo popolo. Eppure in ogni occasione, hanno rifiutato di accettarlo. Solo Giosuè e Caleb sorsero in mezzo a loro e gridarono: "Se l'Eterno si compiace con noi, ci condurrà in questo paese e ce lo darà" (Numeri 14:8). Che dichiarazione semplice ma potente. Stavano dicendo: "Il nostro Signore ci ama e si compiace in noi. E abbatterà ogni gigante, perché si compiace di noi. Perciò non dobbiamo guardare agli ostacoli. Dobbiamo tenere gli occhi fissi sul grande amore del nostro Signore per noi".

In tutte le Scritture, leggiamo che Dio si compiace in noi: "Quelli che sono integri nella loro condotta sono graditi a Dio" (Proverbi 11:20). "La preghiera degli uomini retti gli è gradita" (15:8). "Mi liberò dal mio potente nemico, da quelli che mi odiavano, perché erano più forti di me... Egli mi trasse fuori al largo, mi liberò, perché mi gradisce" (Salmo 18:17-19).

In questo ultimo verso, scopriamo la grande verità che Israele aveva trascurato: "Egli mi liberò, perché mi gradisce". Non importa quanto può essere forte il nostro nemico - non importa quanto possano essere devastanti le nostre prove, o quanto possano apparire disperate le nostre condizioni - il nostro Dio ci libererà. Perché? Perché si compiace in noi!

Dio aveva mostrato chiaramente il suo amore per Israele. Per questo poteva chiedere al suo popolo: "Perché parli così, Israele: "La mia via è occulta al SIGNORE e al mio diritto non bada il mio Dio?"" (Isaia 40:27). Stava dicendo: "Come puoi dire che non ho visto le tue prove? Come puoi credere che non mi compiaccio in te? Io mi compiacqui nel mio servo Giobbe, in tutte le sue esperienze terribili. E mi compiaccio anche di te in questo momento, nonostante questi momenti difficili".

È assolutamente necessario credere - prontamente, fermamente, oggi - che Dio ci ama e si compiace di noi. Solo allora saremo in grado di accettare che ogni circostanza nelle nostre vite non fa che dimostrare l'amore del nostro Padre per noi. Emergeremo dalla desolazione appoggiandosi sulle braccia amorevoli di Gesù. E lui ci darà gioia nel dolore.

Cari santi, non guardate alle bollette che continuano a lievitare. E non cercate nemmeno di sbirciare nel futuro incerto. La vostra parte è quella di confidare nelle promesse del vostro Padre amorevole, e di affidarvi al suo grande amore per voi. Ne uscirete vittoriosi, perché sarà lui a portarvi fra le sue braccia d'amore.

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Permesso per l'uso concesso da World Challenge, P.O. Box 260, Lindale, TX 75771, USA.


Tradotto in Italiano da Susanna Giovannini - Formattato HTML da Renato Giliberti

Tutte le citazioni sono tratte da "La Sacra Bibbia Nuova Riveduta"
Copyright (c) 1994, Società Biblica di Ginevra / CH-1211 Ginevra


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Data ultimo aggiornamento: 26 Giugno 2001.

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