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Chiamati ad essere come Cristo


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Di David Wilkerson
11 Aprile 2005
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Recentemente, una cara donna cristiana mi ha detto: “Sto imparando qual è lo scopo della mia vita frequentando un corso sull’argomento”. Stava finendo un corso di otto settimane che aveva come obiettivo quello di aiutare le persone a scoprire la propria chiamata. Mi ha detto che tutti nella sua classe erano ansiosi di scoprire qual era il loro scopo.

Ho sentito un pastore alla radio pubblicizzare qualcosa di simile. Si offriva di aiutare gli ascoltatori a scoprire i propri doni spirituali. Se gli aveste chiesto il questionario, lo aveste riempito e rispedito al mittente, il suo staff avrebbe valutato i vostri doni particolari. Poi vi avrebbero detto come trovare il vostro posto nel corpo di Cristo.

Una coppia molto frustrata nel ministero mi ha scritto: “Abbiamo cercato di scoprire come adempire la chiamata di Dio nelle nostre vite. Ma abbiamo trovato ogni sorta di impedimento. Siamo stati così scoraggiati, a volte abbiamo avuto voglia di mollare tutto”. Forse questa coppia si rivolgerà alle fonti che gli altri stanno usando. Sono sicuro che strumenti del genere sono utili in un modo o nell’altro. La Bibbia dice che Dio dà i doni al suo popolo, e credo che ci siano delle chiamate speciali.

Ma sono anche convinto tramite la Scrittura che c’è un solo scopo per tutti i credenti. La nostra chiamata specifica è insita in uno scopo unico, ed ogni dono nasce da questo. E se manchiamo questo scopo, tutti i nostri desideri e i nostri obiettivi saranno vani.

Gesù riassume questo nostro unico scopo in Giovanni 15:15, “Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi, e vi ho costituito perché andiate e portiate frutto”. Il nostro scopo è semplicemente questo: siamo stati tutti chiamati e scelti per portare frutto. Qual è il frutto che dobbiamo portare?

Molti cristiani sinceri pensano che portare frutto significhi semplicemente portare anime a Cristo. Ma portare frutto significa qualcosa in più che vincere solo delle anime. Il frutto di cui Gesù sta parlando è la somiglianza a Cristo. Per dirla in parole povere, portare frutto significa riflettere le sembianze di Gesù. E la frase “molto frutto” significa “una somiglianza sempre maggiore con Cristo”.

Crescere sempre più a somiglianza di Gesù è il nostro unico scopo nella vita. Deve essere centrale in tutte le nostre attività, nel nostro stile di vita, nei nostri rapporti. Infatti, tutti i nostri doni e le nostre chiamate – il nostro lavoro, il nostro ministero e la testimonianza – devono fluire da questo unico scopo.

Se non sono come Cristo nel cuore – se non divento sempre più simile a Lui – ho totalmente mancato lo scopo di Dio per la mia vita. Non importa cosa sto realizzando per il Suo regno. Se manco questo scopo, ho vissuto, predicato e mi sono affaticato invano.

Vedete, lo scopo di Dio per me non si può adempiere con quello che faccio per Cristo. Non posso essere misurato per quello che faccio, neanche se guarisco i malati o scaccio i demoni. No, lo scopo di Dio si adempie in me solo in base a come divento in Lui. La somiglianza con Cristo non è quello che faccio per il Signore, ma come sono trasformato a Sua immagine.

Nella mente dei discepoli, il tempo di Gerusalemme era una realizzazione enorme, santa e magnificente. Avevano portato Gesù a fare un giro del posto per mostrargli la grandezza della struttura, le enormi folle che vi si radunavano ogni giorno, tutte le attività religiose che vi avevano luogo. Pensavano che Cristo ne rimanesse impressionato come loro.

Al contrario, Gesù smorzò il loro entusiasmo. Disse loro, in effetti: “Tutto questo crollerà. Nessuna pietra rimarrà in piedi. Tutte queste folle si disperderanno, e persino i pastori fuggiranno. Tutto quello che adesso vi sta impressionando – tutto quello che oggi appare così religioso – sarà rigettato. E accadrà perché non rivela Cristo. È tutto centrato sull’uomo, è tutta una rivelazione umana”.

Il fatto è che i discepoli si erano concentrati sul tempio sbagliato. E avevano puntato gli occhi su questo tempio fatto dall’uomo. Il loro sguardo era puntato sull’attività religiosa. E si erano fatti impressionare dalle cose sbagliate. Quello che era avvenuto lì non rappresentava il Padre. Il tempio era diventato un covo di ladroni e di cambiavalute. I profeti e i sacerdoti erano sballati per conto loro. Avevano persino rubato e abusato dei loro parenti. Il tempio non svolgeva affatto le funzioni di Cristo.

In breve, Gesù aveva rifocalizzato l’attenzione dei discepoli sul tempio spirituale. Come avrebbe scritto più tardi Paolo alla chiesa: “Non sapete che il vostro corpo è il tempio del Signore?”. Io credo che molti cristiani oggi sono come i discepoli. Ci facciamo impressionare dai grandi edifici di chiesa, dalle moltitudini che accorrono la domenica, dalla peculiarità dei servizi di culto, dai tanti programmi e dai tanti ministeri. Ma il messaggio di Gesù è chiaro: non ci dobbiamo concentrare su edifici fatti di pietra e metallo, sulle forme di adorazione o sul modo in cui è condotta una chiesa. Queste cose ci distrarranno e basta. Al contrario, il nostro sguardo dovrebbe essere puntato sul nostro tempio spirituale.

Il fatto è che lo Spirito Santo è sempre nel suo tempio. Lui abita nei nostri cuori. Ed è sempre pronto a realizzare il suo scopo in noi. Questo significa che dobbiamo avere la nostra casa spirituale in ordine.

Ci sono volte in cui siamo chiamati a pronunciare giusti giudizi. La Scrittura esorta ogni cristiano a smascherare le false dottrine e i falsi profeti. I ministri, in particolar modo, devono denunziare nella casa di Dio ciò che non è simile a Cristo.

Ma Pietro dice che il giudizio comincia nella casa di Dio. E “casa” non significa solo la chiesa, ma anche il nostro tempio umano. Ognuno deve giudicare se stesso – guardare la condizione del suo tempio – prima di poter giudicare quello che vede nella chiesa.

Gesù dice: “Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie via… Se uno non dimora in me è gettato via come il tralcio e si secca; poi questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e sono bruciati” (Giovanni 15:2,6). Qualsiasi cosa nella chiesa non sia un riflesso di Cristo – qualsiasi cosa sia corrotta o falsa, o non porti il Suo popolo a somigliarGli – verrà bandita. Gesù la toglierà. E farà inaridire quel ministero ed i suoi malvagi perpetratori. Lo svergognerà, lo farà fallire e lo estinguerà.

Sono convinto che se un cristiano odierno avesse camminato nel tempio ai tempi di Gesù, sarebbe stato afflitto da quanto avrebbe visto. Sacerdoti che accettavano mazzette, cupidigia e corruzione, amore sfrenato per i soldi – tutto sarebbe stato scioccante. Quel cristiano si sarebbe chiesto: “Quanto ancora il Signore sopporterà questa follia nella sua casa?”.

Ma la verità è che la condizione del tempio non ci avrebbe dovuto preoccupare. Gesù l’aveva scacciata. Si era portato dietro una corda ed una frusta ed aveva purificato la casa del Padre. Ed aveva scacciato tutti i ministri corrotti che stavano operando in esso.

Oggi serviamo lo stesso Cristo che purificò quel tempio. Ed Egli è fedele da scacciare ogni corruzione nella sua chiesa, a suo tempo e a suo modo. Se lo volesse, potrebbe distruggere dalla sera alla mattina ogni falso profeta. Perciò dobbiamo fidarci che si prenderà cura della sua chiesa. Il nostro compito è assicurarci che nessuna mondanità sorga nel nostro tempio umano.


Paolo dice: “Siamo stati chiamati secondo il suo proponimento”


“Or noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento” (Romani 8:28). Il messaggio di Paolo qui è semplice: “Tutte le cose dovrebbero cooperare per il bene nelle vite di quelli che amano Dio e camminano nelle sue vie”.

Questa verità mi fa riflettere: perché c’è così tanto scoraggiamento fra i cristiani? Perché tanti pastori sono afflitti, appesantiti e lasciano il ministero in tanti posti del mondo? Perché c’è competizione fra i ministeri?

Vedo chiese ovunque fondate nel materialismo ed oppresse dai debiti. E nel frattempo, il mondo ha bisogno di risposte nelle loro vite. Io vi chiedo: come potrebbe essere questa la vita abbondante di cui Paolo parlava? Non sembra affatto una bella vita. Onestamente, sembra piuttosto una vita di miseria. Basta solo entrare in una qualsiasi libreria cristiana e leggere i titoli sugli scaffali. Per la maggior parte, si tratta di manuali per vincere la solitudine, la depressione e per avere successo. Perché tutto questo?

Perché non ci abbiamo capito nulla. Non siamo stati chiamati ad avere successo, ad essere liberi da ogni problema, ad essere speciali, a “farcela”. No, stiamo perdendo di vista la vera chiamata, il vero obiettivo, che dovrebbe essere centrale nelle nostre vite: diventare fruttuosi nella somiglianza di Cristo.

Quando avevo 29 anni, un ben noto anziano evangelista mi chiese di pranzare insieme a lui. E poi mi consigliò: “Se non ce la fai entro i cinquant’anni, non ce la farai più. A me restano altri 5 anni, dopo di ché non ho più alcuna possibilità di fare successo. Perciò voglio dar vita ad un programma televisivo nazionale”.

Pensai fra me e me: “Farcela? Non mi pare il linguaggio della chiamata di Cristo”. Poco tempo dopo, Dio mise a riposo quest’uomo. Si persero le sue tracce, i suoi sogni crollarono. Purtroppo, sento storie come la sua nei miei viaggi, in questi giorni. Diversi ministri mi hanno detto: “Sto per costruire una mega-chiesa”.

Un uomo che prima frequentava la nostra chiesa mi disse: “Mi arrabbio tantissimo quando vedo qualcuno che ce l’ha fatta, mentre io ho così tanti problemi finanziari. Farò di tutto per riuscire nella vita”. L’ultima volta che ho sentito parlare di lui, era nei guai con la legge.

La verità è che molti di noi sono chiamati ad essere cristiani ordinari. Ma ci facciamo tanta pressione per mantenerci in corsa con lo spirito competitivo odierno. Spingiamo i nostri figli a diventare dottori, avvocati, uomini d’affari importanti, persino ministri “di successo”. Ma non dobbiamo produrre niente per trovare il nostro scopo nella vita. Non dobbiamo erigere edifici, scrivere libri o attirare folle. Paolo dice che siamo predestinati ad essere conformi ad immagine di Cristo, e questo è il nostro unico scopo: “Poiché quelli che egli ha preconosciuti, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del suo Figlio affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli” (Romani 8:29).

Gesù era totalmente dedito al Padre, e questo era tutto per lui. Infatti affermò: “Io non faccio né dico nulla se non quello che mi dice il Padre mio”. Paolo ci sta dicendo che ogni credente deve seguire lo stesso modello e la stessa direttiva, avere lo stesso interesse fondamentale: “Sono qui per il mio Signore”.

Allora, vuoi portare “molto frutto” che nasce dalla somiglianza con Cristo? Mi sono posto questa domanda mentre mi preparavo per questo messaggio. E lo Spirito mi ha sussurrato: “David, tu devi essere disposto a guardare te stesso, prima di confrontarti con gli altri”.

Per dirla in parole povere, portare frutto nasce da come trattiamo le persone. Noi adempiamo il nostro unico scopo nella vita solo quando iniziamo ad amare gli altri come Cristo ha amato noi. E cresciamo sempre più a somiglianza di Cristo, man mano che cresce il nostro amore per gli altri. Gesù ha detto: “Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi: continuate nel mio amore” (Giovanni 15:9). Il suo comandamento è chiaro e semplice: “Andate ed amate gli altri. Date agli altri l’amore incondizionato che io ho dato a voi”.

Lo Spirito mi ha sottolineato tre aree in cui deve iniziare l’amore incondizionato di Cristo:


1. Questo amore deve iniziare nelle nostre famiglie.


Il comandamento di Gesù ha a che fare col modo in cui tratto mia moglie e i miei figli. Per quelli che non sono sposati, ha a che fare col modo in cui trattano i compagni di stanza, gli altri cristiani, le persone a loro più vicine. Questa verità era il nucleo fondamentale della profezia di Malachia ad Israele. Dio disse ai sacerdoti di quei tempi: “Voi fate anche quest'altra cosa: coprite l'altare, dell'Eterno di lacrime, di pianto e di lamenti, perché non riguarda più con favore la vostra offerta e non la riceve più con piacere dalle vostre mani” (Malachia 2:13). Dio stava dicendo: “Non accetto più le vostre offerte o la vostra adorazione. Non voglio più ricevere le cose che mi portate”.

Perché Dio non accettava più il ministero di questi uomini? “Eppure dite: «Per quale ragione?». Poiché l'Eterno è testimone fra te e la moglie della tua giovinezza, verso la quale ti sei comportato perfidamente, benché ella sia la tua compagna e la moglie del tuo patto. Ma non li fece Dio uno e nondimeno lo spirito rimase in lui? E perché mai uno? Poiché egli cercava una discendenza da DIO. Badate dunque al vostro spirito e nessuno si comporti perfidamente verso la moglie della sua giovinezza” (2:14-15). Aveva tutto a che fare con il matrimonio.

È inutile girarci attorno. Se devo diventare l’uomo e il ministro che Dio mi ha chiamato ad essere, allora mia moglie deve poter dire onestamente davanti al cielo, all’inferno e al mondo: “Mio marito mi ama con l’amore di Cristo. Fa errori, ma diventa sempre più paziente e comprensivo con me. Sta diventando sempre più tenero e amorevole. Prega con me. Non è falso. Fa quello che predica”.

Ora, io aiuto il pastore che vorrebbe costruire una mega-chiesa. Conduco conferenze ministeriali in tutto il mondo, predicando a migliaia di persone ogni volta. Ho fondato Teen Challenge, un ministero per la riabilitazione di tossicodipendenti e alcolisti, che oggi conta 500 centri in tutto il mondo. Ho scritto circa 20 libri, ho aiutato a fondare scuole bibliche, una casa famiglia per madri e figli abbandonati. Ho avuto tanto onore.

Ma se questa non fosse la testimonianza di mia moglie – se lei avesse un dolore segreto nel cuore, pensando: “Mio marito non è l’uomo di Dio che fa finta di essere” – allora tutto nella mia vita sarebbe vano. Tutto il mio lavoro – le mie predicazioni, i miei successi, le donazioni, i molti viaggi – non varrebbero a nulla. Sarei un tralcio secco e inutile che non porta il frutto ad immagine di Cristo. Gesù farebbe vedere agli altri la morte in me, e non varrei a nulla nel suo regno. Puoi evangelizzare quanto vuoi, testimoniare e dare i trattati. Puoi andare in chiesa tutte le settimane e cantare lodi a Dio. Ma che cosa dice tua moglie di te? Che genere di vita conduci in casa?

Un pastore di mezza età e sua moglie vennero da me contriti e in lacrime. Il ministro mi disse fra le lacrime: “Fratello Dave, ho peccato contro Dio e contro mia moglie. Ho commesso adulterio”. Era veramente pentito mentre mi confessava il suo peccato. Poi sua moglie si voltò verso di me e disse gentilmente: “Io l’ho perdonato. Sento che il suo pentimento è sincero. So che non è quel genere di marito. So che il Signore lo restaurerà”.

Ho avuto il privilegio di testimoniare l’inizio di una meravigliosa guarigione. Non possiamo mai rimediare i nostri fallimenti passati. Ma quando c’è vero pentimento, Dio promette di restaurare tutto quello che il verme del cancro ha distrutto. Eppure, l’adulterio che Malachia descrive non è solo fornicazione o infedeltà. Include tutto quello che potrebbe essere chiamato diverso da Cristo, come ad esempio uno spirito carnale, la disonestà o l’amarezza. Questo genere di tradimenti privano la nostra vita di successi. Dio dice a tutti quelli che lo commettono: “Io non accetto le tue opere, la tua adorazione e tutto quello che mi porti. Ho una controversia con te”.

Desidero profondamente che ogni coppia che gode di un matrimonio centrato su Cristo si alzi e dica la verità: “Non è facile”. Il matrimonio è uno sforzo quotidiano, così come lo è la vita cristiana. Come la strada che porta alla Croce, significa rinnegare i propri diritti giorno dopo giorno. Naturalmente, Satana sa che vuoi diventare sempre più simile a Cristo in famiglia, perciò ti mette costantemente delle prove davanti. In breve, non c’è altra scuola così difficile ed intensa come quella del matrimonio. E non ci si laurea mai. Dio ce lo spiega chiaramente: la vita che conduciamo con i nostri cari è il pinnacolo, la sommità, di tutte le nostre prove. Se sbagliamo in famiglia, sbaglieremo anche in ogni altra area della nostra vita.


2. La somiglianza con Cristo ha a che fare con il modo
con cui tratto quelli che non fanno parte della mia famiglia.


Essere come Cristo significa riconoscere Gesù negli altri. Nei miei viaggi, incontro tanti uomini e tante donne preziose che sono completamente dediti al Signore. Nel momento in cui li incontro, il mio cuore sobbalza. Anche se non ci siamo mai incontrati prima, lo Spirito Santo mi testimonia che sono pieni di Cristo. Riesco ancora a vedere alcuni dei loro volti: pastori, vescovi, poveri evangelisti di strada. E nel momento in cui li incontro, mi rendo conto senza che qualcuno me lo dica: “Questa persona è stata con Gesù. Questa donna è soddisfatta in Cristo”. Nel salutarli, dico sempre la cosa che vorrei che gli altri dicessero di me: “Fratello, sorella, vedo Gesù in te”. Non è un vanto; è la testimonianza dello Spirito Santo. Sappiamo che la somiglianza con Cristo significa amare gli altri come lui ama noi. Ma significa anche amare i nostri nemici – quelli che ci odiano, quelli che ci usano, quelli che non sono capaci di amarci. E noi non dobbiamo aspettarci nulla in cambio. Naturalmente, amare in questo modo è impossibile, in termini umani.

Non ci sono manuali, principi o altra intelligenza umana che ci mostri come amare i nostri nemici come Cristo ama noi. Ma abbiamo il comando di farlo. E dobbiamo farlo con sempre maggiore obiettività. Secondo Gesù, è questo il frutto che dobbiamo portare.

Allora, come possiamo farcela? Come posso amare il musulmano che mi ha sputato in faccia a qualche metro dalla nostra chiesa? Come posso amare le persone che nei vari siti web mi definiscono un falso profeta? Come posso amare gli omosessuali che hanno fatto una parata nella Quinta Strada portando cartelli che dichiaravano: “Gesù era gay”? Come posso amarli veramente in Cristo? Non so neanche amare i cristiani con le mie forze. Molto semplicemente, questa deve essere un’opera dello Spirito Santo. Come pregava Gesù: “Che l’amore con il quale mi hai amato possa essere in loro, ed io in loro” (Giovanni 17:26). Cristo chiese al Padre di mettere il suo amore in loro. E promise che lo Spirito Santo ci avrebbe mostrato come vivere quell’amore:

“Ma quando verrà lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà in ogni verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutte le cose che ha udito e vi annunzierà le cose a venire. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annunzierà. Tutte le cose che il Padre ha sono mie, per questo ho detto che egli prenderà del mio e ve lo annunzierà” (Giovanni 16:13-15). Senti quello che Gesù sta dicendo qui? Lo Spirito Santo manifesterà “in noi” fedelmente l’amore con cui Cristo ci ha amati. Infatti, lo Spirito si compiace di mostrarci sempre di più Gesù. È questo il motivo per cui abita nei nostri templi umani: per insegnarci Cristo. “Voi lo conoscete, perché dimora con voi e sarà in voi… vi insegnerà ogni cosa” (Giovanni 14:17,26).


3. Infine, una divisione dissimile a Cristo nella chiesa
le ha derubato il potere e l’influenza in ogni nazione.


Al tempo degli apostoli, la chiesa era così piena dell’autorità di Cristo, che re e governatori tremavano. Paolo e i suoi giovani pastori ed evangelisti predicavano senza timore. Riempivano intere città e nazioni con il messaggio di Gesù. Erano una chiesa nota per la sua somiglianza a Cristo, per il suo potere di influenzare cielo e terra.

Ma oggi, la maggior parte della chiesa è solo una istituzione debole e priva di potere, con poca dell’autorità di Cristo. Viene beffata e ridicolizzata in tutto il mondo. Viaggiando di nazione in nazione, lo posso vedere. Spesso trovo la chiesa in condizioni tristi, segnata da un rigido denominazionalismo. Ogni gruppo pretende di essere di Cristo e predica un evangelo biblico. Ma in alcuni casi, questi gruppi non riescono neanche a sedersi a tavola insieme.

Fortunatamente, in molte nazioni i leader cristiani valicano le barriere denominazionali per frequentare le nostre conferenze. Ma esiste ancora una grande divisione fra culture e razze. Alcuni gruppi sono emarginati e non vengono neanche invitati alle riunioni. Inoltre, ovunque stanno nascendo nuovi movimenti religiosi, e sta avvenendo un vero risveglio. Ma alcuni di questi sono diventati esclusivi, e vantano di avere solo loro la verità.

Infine, c’è un altro tipo di divisione nella chiesa, che è assolutamente dissimile a Cristo. È il baratro che esiste fra i grandi e i piccoli: quelli che fanno cose grandi nel nome del Signore, contro quelli che sono chiamati operai minori.

Dio ha rigettato questo genere di divisione: “Chi ha disprezzato il giorno delle piccole cose?” (Zaccaria 4:10). Questa fu la sua parola agli israeliti che avevano disprezzato la fondazione del tempio gettata da Zorobabele. Essi avevano denigrato quell’opera perché non era spettacolare come il tempio di Salomone. Allo stesso modo oggi, molte conferenze pastorali enfatizzano la crescita delle mega-chiese. Ai ministri delle piccole chiese viene detto, sotto modi diversi: “Frequentate i seminari dei pastori che hanno chiese grandi, e scoprirete la chiave del successo. Avrete una chiesa grande come la loro”. Ma questo non fa che scoraggiare quei pastori. Finiscono col convincersi: “Non sto facendo niente di significativo per Dio. Non mi sta usando”.

Onestamente mi piacerebbe frequentare una conferenza di pastori dove tutti gli oratori fossero pastori di chiese piccole e medie. Non ho alcun desiderio di sentire come si costruisce una chiesa grande o come si fa a procurare tanti soldi. Vorrei piuttosto sentire venti o trenta pastori di piccole chiese che parlano di quello che Dio sta dicendo loro, della rivelazione di Cristo che stanno ricevendo.

Forse penserai: “Sono una di quelle piccole persone. Le cose che faccio nel regno di Dio sono piccole. Non sono coinvolto in niente di importante per il Signore”. Non è vero. Permettimi di dirti come credo che Dio veda tutta questa faccenda. Le persone più utili nella chiesa di Gesù Cristo sono quelle che hanno occhi per vedere ed orecchie per udire. Sì, alcuni fanno cose grandiose che sono viste ed udite da tanti. Ma alcuni di quei ministri non hanno occhi per vedere i bisogni della gente ferita. Sono orientati sui progetti piuttosto che sui bisogni.

Il fatto è che il Cristo che vive in me non è cieco né sordo. E la sua Parola dice: “Ora se uno ha dei beni di questo mondo e vede il proprio fratello che è nel bisogno e gli chiude le sue viscere, come dimora in lui l’amore di Dio?” (1 Giovanni 3:17). Gesù vede tutti i bisogni e le ferite attorno a me. Sente i lamenti ed i gridi di chi è in distretta ed è legato. E se io voglio essere sempre più come lui, allora ho bisogno dei suoi occhi per vedere le stesse cose.

Questo è l’amore di Cristo: ascoltare il grido di distretta dell’orfano, dei ragazzi del ghetto… il grido soffocato dell’omosessuale stanco dei suoi peccati, che affoga il suo tormento nell’alcol… il grido agonizzante dell’affamato, del povero, del prigioniero. Essere come Cristo significa avere “occhi per vedere ed orecchie per udire”. O Signore, dammi un orecchio che ode. Aiutami a smettere di dire alla gente quanto ne so. Al contrario, aiutami ad ascoltare quello che stai dicendo a quelli che non hanno una voce pubblica. Aiutami ad essere uno studente ai piedi di pastori e servi sconosciuti nel Corpo, che stanno veramente portando molto frutto. Aiutami ad ascoltare quello che stai dicendo attraverso di loro. E fammi amare gli altri non solo a parole, ma a fatti e in verità.

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Tradotto in Italiano da Susanna Giovannini

Tutte le citazioni sono tratte da "La Sacra Bibbia Nuova Riveduta"
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